31 ottobre 2020, ore 19…
Ieri pomeriggio assieme a mio figlio e a una carissima amica e collega ci siamo avviati con
l’auto di mia madre una Agila alla volta della manifestazione di Udine in piazza XX
settembre. Perché con l’Agila? Perché è la macchina più vecchia e se fanno atti di
vandalismo almeno non mi distruggono quella che devo finire di pagare.
Ebbene in tre di noi non sapevamo dove fosse ubicata questa fantomatica piazza. Siamo
partiti presto da Fagagna ovviamente per paura di non trovare parcheggio, illusi forse che
tutto il Friuli delle partite iva avrebbe aderito a questa manifestazione.
In genere quando vai a Udine vai anche in un bar a bere qualche cosa, per ristorarti dal
viaggio, o semplicemente perché andare a Udine è quasi sempre una festa, quindi per
sentirti un po’ libero ti prende un caffettino, carburante naturale per affrontare passeggiate
e vetrine.
Invece no, i bar e caffè sono chiusi. Causa dpcm per covid.
Cerchiamo la piazza. Per le vie del centro ci sono molte persone che passeggiano, noi
sembriamo poveri sprovveduti persi, in una città che in fin dei conti conosciamo bene.
Eppure piazza XX settembre non riusciamo a ricordarci quale è.
Ora capisco perché chiedo sempre a mio marito di accompagnarmi da qualche parte,
perché lui sa dove andare. Io mio figlio e la mia amica è meglio che restiamo a casa data
che ci perdiamo anche solo per andare al bagno di casa nostra.
Comunque sia,lungo le vie della città incontro fortunatamente un’altra mia amica
compaesana che come noi va alla manifestazione. Mi abbraccia entusiasta nel vedermi,
le chiedo dove si trovi la piazza, ci da le indicazioni, poi ci dice che ci avrebbe raggiunti
perché andava a prendere le sigarette.
Noi i tre avventurieri, pronti a portare la nostra voce a questa protesta ci avviamo tronfi
verso la meta.
Un furgone della polizia parcheggiato in un vicolo ci da la certezza che siamo sulla strada
giusta.
Arriviamo davanti a una chiesa, lo spiazzale e vuoto. Rimango delusa non c’è nessuno.
Poi come per magia, cinque o sei uomini con la bandiera Italiana vengono verso di noi
chiacchierando allegramente.
Mio figlio esorta: – se questi hanno le bandiere sicuramente è meglio seguirli.-
-Si – interviene uno di loro – seguiteci, seguiteci. –
Ci mettiamo a ridere perché neanche con le indicazioni della mia amica avevamo preso la
strada giusta.
Il furgone della polizia è sparito.
Finalmente arriviamo in piazza XX settembre, dove riappaiono le forze dell’ordine ( forse
anche loro non avevano capito dove andare). Sono le 19 speravo ci fossero più persone.
Faccio il giro della piazza per capire quanto è grande, e per vedere nell’effettivo quanta
gente ci sia.
Mi rendo conto che la mia altezza è limitante per la visione dell’insieme, sono troppo
bassa, vedo solo spalle e teste, di gente che non conosco.
E’ la prima volta che vado ad una manifestazione di protesta, le più grandi protesta che ho
fatto nella vita sono quelle per non fare le pulizia a casa quando ancora vivevo con mia
madre.
Osservo la gente tutta con la mascherina sul volto, eccetto i relatori e quei pochi che
fumano, o che per gridare libertà o “ Conte va fan culo”.
Vengono tirati un paio di fumogeni, quello rosso è spettacolare, sa proprio di rivolta.
Queste voci maschili che gridano all’unisono libertà è da brivido, quasi commovente. Ci
sono svariati gruppi , dai ristoratori con i grandi cappelli da cuoco, alle agenzie viaggi con
le valigie, agli artisti mascherati con i personaggi dei cartoni animati. Tutti con i loro
striscioni e cartelloni.
Mi aggiro tra questa folla, consapevole che ognuno di loro, sta perdendo qualche cosa di
importante. Il lavoro, che porta la libertà e la dignità.
Mi aggiro tra questa folla, che teme più che una pandemia, la mancanza di lavoro, perché
se non hai qualche soldo come fai a sopravvivere alla fame.
La fame è colei che porta a lottare per i propri diritti, la fame che attanaglia lo stomaco,
che ti indebolisce, lasciandoti inerme, senza energia e pensieri.
L’agonia di una malattia che ti lascia senza respiro, ma senza respiro l’agonia è breve, in
pochi minuti muori. Ma la fame può durare per mesi o per anni, un’agonia senza fine, che
non attanaglierà solo te a anche i tuoi figli.
Osservo queste persone, alcune con la disperazione nella voce, altre più spavalde, quasi
a voler rassicurare chi è più disperato. Eppure lì in qualche modo uniti, eppure con le
mascherine che in un certo senso disumanizzano l’espressività dei volti.
La polizia, sia in borghese che in divisa, fa mantenere gli animi calmi. Un ragazzo
notevolmente ubriaco, si aggira tra la gente, vuole fare rissa con qualcuno. Un paio di
poliziotti lo allontana.
Mi viene da ridere. Ricordo da ragazzina che quando andavo ai motoraduni di personaggi
spannati come quel ragazzo ne trovavo a centinaia. Qui invece per l’esattezza ne ho visti
tre, dalla mia postazione di un metro e sessantadue.
Che dire, i megafoni che utilizzavano non erano abbastanza forti da riuscire a farmi capire
cosa veniva detto dai vari relatori, ma gli applausi ti facevano capire che le persone erano
d’accordo, i fischi non riuscivo collocarli se nel dissenso o nella approvazione.
Avrei voluto vedere molte più persone ( non mi accontento mai), perché la provincia di
Udine è grande, ma spero che il grido dei presenti sia stato comunque abbastanza forte
da propagarsi in tutto il Friuli.
Ovvio noi friulani piuttosto che protestare preferiamo lavorare, ma se ci portano via il
lavoro toccherà anche a noi protestare.
La saggezza della gioventù, mio figlio mentre tornavamo a casa ha detto: – siamo venuti a
Udine, non abbiamo bevuto niente, abbiamo preso freddo, e ci siamo fumati quattro
sigarette.-
Aggiungo io: – abbiamo visto tanta gente ma forse non abbastanza, le forze dell’ordine
hanno fatto il loro dovere e la prossima volta, facciamoci sentire noi friulani, non restiamo
sempre zitti -.
Lisa Ermacora