Ormai è una settimana che sono a casa da lavoro.
Lo trovo surreale, praticamente innaturale.
Tutto sembra fluire come prima, ma nella realtà niente è come prima.
Dovremmo imparare ad accettare eventi che non dipendono da noi.
Oggi c’è chi lotta negli ospedali per salvare chi in terapia intensiva non riesce più a respirare.
Medici, infermieri, oss, persone che con sforzo sovrumano e con il cuore a pezzi, per dovere salvano chi si è ammalato.
Dicono che è straziante vedere le persone che muoiono sole, perché i parenti o amici più cari non possono tenere loro la mano.
Io ho potuto assistere mio padre, stare al suo fianco, fino all’ultimo respiro. No . Non sarei riuscita a sopportare la sua dipartita senza di me, lo amavo troppo per lasciarlo solo.
Un infermiera della terapia intensiva di Jesolo si è suicidata, dopo che ha cominciato ad avere i sintomi dell’influenza. Non sapeva ancora l’esito del tampone , ma si è suicidata. Questo ci deve far riflettere parecchio.
Io sono a casa, nella noia più totale. Ma quella donna era nella guerra della malattia in prima linea, in trincea, tra orari massacranti, fisicamente e moralmente sfinita.
Dovrei sfinirmi anche io nel pregare, pregare con tutta la forza che ho affinché Dio dia la forza a queste persone di superare, di comprendere che tutto passa.
Tutto .
Anche questo momento che pare infinito. Perché quando combatti in prima linea sotto le bombe tutto sembra fermarsi.
Ma quando c’è una guerra dove non vedi bombe , ma un qualche cosa di invisibile, che tutti prendiamo sotto gamba perché non lo vediamo, allora la lotta di questi medici, infermieri, oss, diventa una guerra persa.
Se ci tirassero delle bombe staremmo tutti a casa, rinchiusi come topi negli scantinati. Terrorizzati.
Non avrei mai creduto che il mondo dovesse fermarsi per una quarantena.
Per un piccolo virus.
Forse l’umanità aveva bisogno di fermarsi. Riscoprire il proprio io interiore.
Nel silenzio, si può ascoltare la bellezza di questo creato.
Nel silenzio ritorna la pace. Il respiro si fa meno affannoso e tutto riprende il suo ritmo, più naturale, meno frenetico.
Questo virus, ci toglie il respiro. Anche la vita di prima, frenetica, ci toglieva il respiro.
Al di l’ha del complottismo, che dice hanno fatto arrivare il virus in Cina perché lo yan stava diventando più forte del dollaro, e poi è arrivato in Italia perché aveva firmato un trattato commerciale con la Cina, nella mia piccola visione delle cose, credo che come i cinesi grandi lavoratori non avevano tempo di respirare portati a produrre senza sosta, il virus li abbia fermati. Come ha fermato noi, sempre presi dal lavoro e non dalla vita.
C’è un detto che dice: non è un male che non sia anche un bene.
Io credo in questo. Perché alla fine, per quando siamo stati derisi dagli altri stati, a quando pare questo virus non guarda in faccia nessuno.
Questo mondo aveva bisogno di essere fermato, affinché potessimo respirare.
La vita è una metafora. Saperla guardare e interpretare è la nostra salvezza.
Cosa interpreto oggi. Il suicidio di un’infermiera di trincea.
Anche lei, come tutti noi si identifica nel suo lavoro. Dovendo restare a casa in un momento così cruciale per il sistema sanitario, si è sentita in trappola. Non più facente parte di qualche cosa di importante ed ecco all’annientamento di se stessi, perché non ti riconosci più come infermiera ma come malato.
Quel malato che immobile deve lasciarsi fare, dove la dignità scompare. Forse anche la coscienza.
E tu che eri guerriero e salvavi gli altri non puoi più salvare , ma devi essere salvato.
Impariamo ad essere sia i salvatori che i salvati.
Diventando elastici potremmo adattarci a ogni evento della vita, bello o brutto che sia. Finché siamo in salute possiamo affrontare tutto, anche la noia di una quarantena.
Buona giornata a tutti.