Andare in piazza della Libertà il sabato pomeriggio, è diventato un appuntamento immancabile.
La piazza di Udine è una piazza semplice, con non moltissime persone, un migliaio circa. Eppure umilmente ci si aggrega, ci si confronta, ci si fa coraggio.
Ieri, un operaio è intervenuto raccontando il suo vissuto. Giovane padre di quattro figli, per me già questo lo rende un eroe di questi tempi, con umiltà si racconta, di come sul posto di lavoro, non mangia più in mensa con i suoi colleghi, ma si porta il pranzo da casa e mangia fuori nel cortile della fabbrica. Un giorno curioso di capire cosa sarebbe successo in mensa se lui fosse entrato senza la tessera verde, si fece coraggio e varcò la porta. I colleghi di lavoro in malo modo lo esortarono ad andarsene. Lo allontanarono come un criminale. Quegli stessi colleghi che poche settimane prima mangiavano accanto a lui, ridendo e scherzando assieme. Ebbene lui se ne è andò, ma lo seguì un collega, uno solo che pur avendo il grenn pass, gli disse: – Amico, del green pass non me ne frega niente anche se sono vaccinato e greenpassato, mangio qui fuori con te, non sarà un green pass a separarci.-
Lo ammetto mi venivano le lacrime agli occhi, un atto di amicizia così è difficile da vedere al giorno d’oggi. Non tutti rinunciano ad usare quel qr code, il codice dei privilegi, che orgogliosamente esibiscono come se fosse un trofeo. Ma è solo un codice che ti viene rilasciato per un tampone negativo o per una vaccinazione, mica perché hai scalato l’Everest, o vinto un premio nobel. Non ho mai esibito con orgoglio il mio libretto vaccinale. In fin dei conti non ne è mai fregato niente a nessuno.
Questa è una delle tante storie che si raccontano in piazza. Poi come da prassi si fa quello che piace tanto a me. Il corteo. Credo che mi piaccia perché da bambina piuttosto che stare in chiesa a messa preferivo andare a processione, poi se c’era anche la banda allora per me era una festa.
Fare il corteo a Udine è un vero atto di coraggio.
Il motivo è semplice, devi avere un grande autocontrollo perchè arrivano, da chi non partecipa all’evento, insulti, provocazioni di ogni genere. Come sempre osservo. Ed ecco che il racconto dell’operaio prende vita durante il corteo. I non manifestati ci vogliono fuori dalla loro vista, molti ci fanno il dito, ci danno degli idioti. Eppure, noi manifestiamo anche per loro, per la loro libertà di poter avere il green pass, il vaccino, il tampone, o semplicemente anche per il loro diritto al lavoro.
Questa piazza friulana è difficile. In giro per l’Italia i manifestanti non vengono insultati, ma sono rispettati.
Brave le forze dell’ordine che chiedevano a chi cercava di incalzarci di non provocarci. Ma i relatori ci avevano già chiesto di non lasciarci coinvolgere da chi cercava di provocarci. Quindi noi dritti per la nostra strada.
Il governo continua imperterrito a mettere limiti alle persone che non vogliono aderire alla campagna vaccinale. Questo mi fa credere che questa campagna abbia fallito miseramente, perché se tutti avessimo accettato incondizionatamente il “siero salvifico”, non avrebbero dovuto usare le maniere forti.
Credo che, mentre noi friulani, siamo i più obbedienti, quello che ci chiede lo stato noi lo facciamo. Il resto d’Italia è più restio a obbedire. Ecco che allora mancano i numeri, ecco che la campagna vaccinale crolla miseramente sotto gli occhi di un governo non eletto che credeva di mette nel sacco un popolo che ha fatto la storia dell’umanità.
Ecco perché nelle altre piazze d’Italia i manifesta viene rispettato. I friulani in genere sono obbedienti, basta non avere fastidi.
Pur di avere un lavoro accettiamo ogni compromesso, pur di andare a bere nei locali accettiamo di abbassare la testa, pur di non essere giudicati obbediamo senza battere ciglio, pur di non avere problemi non ci facciamo domande. Basta che ci lascino in pace.
Io non ci stò. Noi friulani siamo un popolo forte e fiero. Grandi lavoratori, un po’ duri nei modi, ma gente dal grande cuore.
Lo so, che chi ci dà dei coglioni, ha solo paura. Paura di vedere che si poteva scegliere diversamente, paura di dover rimettere in discussione se stessi, paura di rivedere nell’altro i propri errori.
La guerra non è una cosa facile, anche perché questa è una guerra dai risvolti inusuali, non ci sono fucili o bombe. Ma ci sono pregiudizi, diffidenze, odio. Armi forse più terribili. La discriminazione è sempre stata combattuta e ora si discrimina una persona perché non ha un lasciapassare.
Io non ho parole. La guerra è dentro ognuno di noi. L’inganno è stato quello di farci credere che siamo pericolosi gli uni per gli altri. Possibile che non riusciamo a vedere che le uniche persone pericolose non sono i non vaccinati, ma quei delinquenti che stanno al governo abusivamente. Che continuano ad alimentare odio, frustrazione e menzogne.
Siamo tutti uguali, sono loro i veri malati, sono malati di onnipotenza e potere, sono gli untori di una malattia che è più devastante del covid. Questa malattia si chiama paura e la cura più efficace è gratuita si chiama amore.
Sono riusciti a spargere la paura nei nostri cuori, curiamoci al più presto donandoci quell’amore che hanno cercato di abbattere dicendo che eravamo tutti pericolosi perché asintomatici.
Si siamo diventati asintomatici di fratellanza e umanità. Ingannati dalla paura di morire senza respiro, quando siamo già morti soffocati da odio e conflitti.
La piazza unisce, la piazza ci fa ricordare chi siamo, con pregi e difetti con tutta la nostra umanità.
Credo che questo inverno quando chi ha il green pass farà aperitivo dentro i locali, finalmente si potrà manifestare liberamente, senza insulti e derisioni, e le strade saranno nostre, il freddo accompagnerà i nostro cammino, ma i cuori saranno caldi, forti e gioiosi, perché certi di resistere per una buona causa. La libertà del più grande popolo del mondo che è il popolo italiano.
Insieme resistiamo, insieme lottiamo, insieme per la vita, perché la libertà è già nostra, la libertà non passerà attraverso un lascia passare, la libertà è nostra da ieri oggi e domani per sempre.
Buona domenica guerrieri.
Lisa Ermacora