Sabato pomeriggio ore 18 circa. Cammino allegra in via Aquileia. Fuori dalla Chiesa della beata Vergine del Carmine, una piccola folla di persone, tutte eleganti, aspetta l’uscita dei bimbi della prima comunione.
Quello che interessa a me però è arrivare in tempo al Angolo della musica che ospita un giornalista di spessore come Toni Capuozzo.
Allungo il passo. Ed ecco che allestito sulla strada c’è una specie di sala da conferenza, con seggiole rosse ben distanziate le une dalle altre, con ingresso corredato da disinfettante per le mani, e signorina gentilissima che prova la febbre sulla fronte delle persone che hanno prenotato per questo evento. La presentazione del libro “Lettere da un paese chiuso”.
La bellezza di questo evento è che pure i passanti si possono fermare ad ascoltare l’autore di questa opera.
Mi guardo attorno e dai terrazzi e finestre dei palazzi, fanno capolino bambini e adulti di varie etnie. Incredibile, questa sera, dopo aver girato mezzo mondo come inviato di guerra, Toni Capuozzo si racconta ascoltato da chi forse nel suo paese ha avuto la guerra. Narratore instancabile, non si risparmia attraverso la sua voce roca, a farci entrare in punta di piedi in quei territori, dove il dolore, la paura e la morte ne fanno da sovrana.
Il sindaco di Udine Pietro Fontanini lo riporta al presente, leggendo qualche brano del suo libro.
Toni, spiega con garbo la sua situazione di lockdown a Milano, dove le ambulanze correvano di giorno e di notte.
In mezzo a tutta la gente, incontro anche un giovane ragazzo Armando Miron Polacco che è il fumettista e illustratore delle immagini del libro, il quale molte gentilmente, mi ha fatto uno schizzo di Toni, così al volo, in piedi sulla strada. Un giovane artista che, se farete attenzione ai particolari delle immagini che ha disegnato, vi stupirà sicuramente.
Toni è legato al Friuli e a Udine, cresciuto nella nostra terra, anche nel suo libro non smette di descriverla e menzionarla. Dice anche che per essere di un territorio non ti serve la carta di identità, ma sei del territorio perché lo senti dentro di te.
Un altro aneddoto che ci ha raccontato è stata la morte di Fabrizio Quattrocchi per mano dei terroristi a Baghdad, il quale ha dato segno di grande eroismo.
Togliendosi la sciarpa che gli copriva gli occhi ha detto ai suoi aguzzini : – Così vi faccio vedere come muore un italiano. –
Capuozze ha affermato che sicuramente gli italiani non muoio così, perché lui per primo si sarebbe messo a piangere e supplicare per la sua vita, terrorizzato da quel nefasto evento. Quattrocchi invece è morto da eroe, con coraggio dignità e sangue freddo.
L’umiltà di Toni nel raccontare questo episodio, consapevole anche dei suoi limiti, ti fa capire come una persona che ha vissuto in mezzo a tanti conflitti ha capito molto di se stesso. (Ovviamente questo è un mio pensiero personale).
In seguito a questa bella serata all’aperto mi sono ritrovata all’Antica osteria da Pozzo.
Intenta a sorseggiare un bicchiere di vino rosso, mi imbatto su questa impronta in ceramica appeso al muro.
Sono un piede e una mano, di chi? Toni Capuozzo.
Sorrido, e vedo nella mia fervida immaginazione i piedi di questo inviato di guerra, rinchiusi in un paio di scarponi, che fanno chilometri da un punto all’altro di queste città bombardate e assediate. E quelle dita che con una penna e un taccuino in mano annotano, senza sosta gli avvenimenti del momento. I piedi doloranti, le mani che hanno scritto e aiutato. Perché quei piedi hanno sorretto Toni nei momenti più pericolosi. E la sua arma di difesa è stata la penna e il suo giubbotto antri proiettile è stato lo scrivere.
Vi auguro a tutti una buona lettura.
Lisa Ermacora